di Gian Pietro De Biaggio
Nel corrente dibattito in materia di appalti pubblici tende a ricorrere, presso elevate componenti, l’assunto per il quale la riduzione del numero di stazioni appaltanti costituisce strumento di maggior efficacia, efficienza, tempestività ed economicità dell’azione amministrativa in materia di appalti.
È da qui che verosimilmente muove la strategia di centralizzazione delle committenze, fortemente supportata dall’evoluzione del quadro normativo.
Confronti tra operatori “sul campo”, soprattutto quello degli enti locali di piccole dimensioni, ancora tuttavia non riportano ad un pieno e convinto apprezzamento dei vincoli di centralizzazione, in termini di apprezzabile miglioramento della complessiva qualità del processo e dell’economicità delle acquisizioni.
A fronte del classico esempio di studio costituito dalla stessa siringa acquistata a 10 nell’ente A ed a 15 nell’ente B, appare invero condivisibile il tentativo del legislatore di implementare modalità di acquisto delle PA tali da uniformare il prezzo di articoli ripetitivi, da un lato, e, dall’altro, possibilmente ritrarre economie di scala in conseguenza dei maggior volumi di ordinativo.
Si è introdotto ed esiste a tal fine, appunto accessibile per tutte le PA, il sistema MEPA-Consip, a presidio dei nobili scopi ab origine.
Risulta dunque di difficile comprensione il motivo per il quale l’attuale norma predisponga invece al moltiplicarsi delle centrali di committenza (è sufficiente per costituirla, ad esempio, una semplice intesa tra due Comuni di subatomiche dimensioni).
Di difficile comprensione parimenti risulta il motivo per il quale sia stato introdotto l’obbligo di affidamento per tramite CUC anche degli appalti di lavori, considerato che dall’affidamento di un unicum non si ritraggono economie di scala, mentre:
a) gli oneri di trasmissione pre e post gara tra CUC ed amministrazione aggiudicatrice aggravano il procedimento in termini di numero di adempimenti e tempi di conclusione;
b) il principio dell’unicità del responsabile del procedimento obbliga di fatto il RUP dell’ amministrazione aggiudicatrice ad operare presso la CUC;
c) la standardizzazione dei bandi sarebbe già compito dell’ANAC.
Tornando infine a Consip, l’ingegnere incompetente in materia giuridica si interroga circa la compatibilità delle dimensioni dei lotti di progetto con il principio di favor partecipationis anche desumibile dagli artt. 30, comma 7, e 36, comma 1, del Codice dei contratti pubblici..
Auspichiamo così l’attivazione di un credibile strumento di monitoraggio e valutazione delle effettive compatibilità, convenienze e qualità del sistema delle CUC, come accade in ogni processo che si rispetti.
FINE
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Ing. Gianfranco Crippa (giovedì, 19 luglio 2018 18:39)
Collateralmente ai rilievi del tutto condivisibili dell'articolo, aggiungerei, incidentalmente, l"osservazione, che alcune modalità procedurali rinvenibili nel Mercato Elettronico della P.A., non trovano riscontro nelle procedure di affidamento, così come tipizzate dal D.Lgs. 50/2016. Si veda, per esempio, la c.d. "trattativa diretta", a fronte dell' "affidamento diretto" contemplato all'art.36 co-2 lettera a) del Codice. Con profili - pur paradossali - di illegittimità, trattandosi, a rigore, di procedimento condotto secondo una modalità di aggiudicazione terminologicamente non contemplata dall'Ordinamento vigente. Circostanza quest'ultima, che in altre temperie sarebbe forse giudicata imbarazzante.